Ricerca e Cura
“Oggi ho tanti sogni, ma non progetto più.” Quando a Marta si chiede come sia cambiato il suo rapporto con il futuro dopo la malattia, risponde così.
Oggi ha 34 anni e due anni fa le è stato diagnosticato un tumore ovarico. “Era il 20 febbraio quando ho ricevuto la diagnosi. Mio padre dieci giorni prima aveva finalmente smesso di essere positivo al Covid dopo 90 giorni. Il 2 dicembre avevo perso mia madre all’improvviso” ricorda, scandendo le date che in due mesi le hanno stravolto la vita.
In pochissimo tempo Marta viene operata. Il tumore è al primo stadio; è raro che un cancro all’ovaio sia diagnosticato così precocemente. Nonostante ciò, i chirurghi sono costretti a un intervento radicale.
Marta vacilla solo per un attimo di fronte alla chemio: “C’erano state persone che mi avevano spaventato” racconta. Ma conosce un paziente che si trova nella sua stessa situazione, si confrontano e recupera la fiducia. “Ho capito in quell’occasione quanto sia importate condividere la propria esperienza per dare una speranza agli altri malati. Soprattutto per quelli che sono soli” aggiunge.
Marta non è stata sola. Oltre alla sua famiglia, ha avuto una persona che l’ha accompagnata per tutto il percorso della malattia: il suo fidanzato Nicola.
“La malattia per chi ti vive accanto non è facile” afferma. “Vedi la persona a cui vuoi bene che si trasforma; hai paura e soffri per lei. Ma lui non mi ha mai abbandonato. È stato un angelo. E poi mi ha chiesto se volevo diventare sua moglie.”
Oggi Marta è, insieme al ricercatore AIRC Luca Boldrini, il volto dei Giorni della Ricerca. “Bisogna affidarsi ai medici e alla scienza, avere sempre rispetto di chi combatte dalla stessa parte di noi pazienti, di chi ci sostiene e crede nella nostra guarigione spendendo il proprio tempo al servizio della ricerca. È il loro lavoro che permette oggi di anticipare il più possibile e perfezionare le diagnosi, così da darci una speranza. La ricerca cura anche le ferite più profonde”.
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